Nato il 07/03/1941 Beaconsfield in Regno Unito Piers Paul Read, professore di storia a Cambridge, saggista, romanziere, è autore di dodici acclamati romanzi tra quale ‘’Game in Heaven with Tussi Marx‘’ (1966) cioè,’Gioco in Paradiso con Tussi Marx‘’, ‘’The Junkers ‘’ (1968),‘’Monk Dawson‘’ (1969),il best-seller internazionale ‘’Alive‘’. Nel 1988 è stato assegnato il premio ‘’James Tait Black Memorial Prise‘’ per il libro ‘’Una stagione in Occidente‘’. Ha scritto diversi lavori per la televisione e alcuni dei suoi romanzi sono diventati film. Il suo lavoro e fortemente influenzato della sua fede cattolica, concentrandosi spesso sui temi religiosi. Quasi tutte le trame dei suoi romanzi sono fissate in Europa e molti mostrano un grande interesse e simpatia per la Germania.
‘’The Templars‘’ o ‘’La vera storia dei Templari‘’ pubblicato per la prima volta nel 1999 presso editoria Weidenfield Nicilson in Gran Bretagna e stato tradotto in italiano di Maria Cristina Cesa nel 2001 e pubblicato nel 2006 presso editoria Newton Comton. L’obiettivo di questo volume, è di trovare risposte elle domande come:’Chi, erano davvero i Templari?‘’,’Chi, o che cosa,si nascondeva dietro di loro potere?‘’ ‘’ Quale eventi ne determinò la caduta?‘’ Dopo aver tracciato a grandi linee la storia del Tempio di Gerusalemme e delle tre religioni monoteistiche principali,l’Ebraismo,il Cristianesimo e l’Islam, l’autore ricostruisce dettagliatamente la vicenda di quest’Ordine di monaci guerrieri.
Nel 1114 il Conte Ugo di Champagne arrivò in Terra Santa con un seguito di cavalieri tra quali,Ugo di Payns,ufficiale nella casa e molto legato al conte. Dati i problemi con quali i pellegrini si confrontarono nel loro pellegrinaggio in Terra Santa,Ugo di Payns e un cavaliere chiamato Goffredo de Saint-Omer proposero la costruzione di una comunità di cavalieri che avrebbe seguito la regola di un Ordine Religioso,dedicandosi alla protezione dei pellegrini e del regno di Gerusalemme dai musulmani che erano usciti sconfitti dalla prima crociata (1097-1099).
La proposta di Ugo fu ben accolta dal re e dal patriarca e il giorno di Natale del 1119,Ugo di Payns e altri otto cavalieri fecero voto di castità,povertà e obbedienza davanti al patriarca della chiesa del Santo Sepolcro. Si chiamarono i Poveri Cavalieri di Cristo, ricevono un gran numero di doni tra quali, da parte di Re Baldovino, un posto dove vivere sul lato meridionale del Monte del Tempio che i crociati chiamarono il Tempio di Salomone, di conseguenza sarebbero stati conosciuti in seguito come ‘’Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone‘’, ’Cavalieri del Tempio di Salomone ‘’, ‘’Cavalieri del Tempio‘’ o semplicemente ‘’i Templari‘’. In virtù dei loro fatti beneficiarono di privilegi fiscali e del ruolo di mediatori nelle transazioni commerciali tra Vecchio Mondo e Oriente,benefici che gli arricchirono oltre misura,facendoli diventare una potenza economica e politica temuta sia dalla Chiesa,sia dai politici dell’epoca. Tra gli anni 1139-1312 le sedi templari si diffondono in tutta l’Europa contestualmente all’aumentare il potere dell’ordine. Nel 1291 in seguito dalla sconfitta dei cristiani in Terra Santa inizia la decadenza dell’Ordine Templare cosi che nel 1307vengono confiscati tutti beni degli appartenenti su disposizione di Re Filippo il Bello,re di Francia,a causa del fato che loro erano i suoi principali creditori. Sulla pressione della tortura molti cavalieri confessarono fatti di eresia al intero dell’Ordine,quindi Papa Clemente V ordina l’arresto dei membri dell’Ordine in tutta la cristianità.
In decorso di più di cento anni,l’Ordine conosce ventitré Grandi Maestri ,l’ultimo,Jacques de Molay figlio di un nobile burgundo,entrò a fare parte dell’Ordine nel 1265 e dopo ventinove anni diventa il Grande Maestro. Nel processo contro di lui,a seguito delle torture,prima confessò i fatti di eresia,per poi ritirare le ammissioni fatte e sostenendosi non colpevole,nel 18/03/1314 fu arso sul rugo.
Il fatto che il libro e scritto in modo abbastanza semplice, lo rende facile da leggere e interessante.I dati storici sono precisi e anche se l’autore si propone di dire ‘’la vera storia dei Templari basata sulle più recenti ricerche storiche‘’,secondo me non riesce,il volume essendo una miscela tra storia e legenda.
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lunedì
La Rivoluzione Francese - Tema
Il Terrore
I giacobini presero il potere in un momento terribile per la Francia,i ribelli della Vandea, esercito controrivoluzionario, giungevano ad assediare Nantes. Intanto i girondini sfuggiti all’arresto guidavano nelle province francesi la rivolta federalista, espressione dell’avversione nei confronti del potere centrale giacobino. La reazione della Convenzione fu l’instaurazione di una nuova Costituzione democratica, detta dell’anno I (25 giungo 1793), che assicurava l’appoggio dei sanculotti accogliendo alcune loro istanze. Il 23 agosto,Lazare Carnot ebbe l’incarico di riorganizzare l’esercito di requisizione della popolazione e su richiesta dei sanculotti, fu stabilito dei prezzi massimi ai generi di prima necessità per garantire il sostentamento al popolo e alle truppe.
In un clima di vendetta e violenza, il Comitato si servi del Tribunale rivoluzionario per scappare di tutti i oppositori del regime.Art 4.il tribunale rivoluzionario è instituito per punire i nemici del popolo.
Cominciò il periodo chiamato Terrore, che raggiunse il culmine fra settembre 1793 e l’agosto 1794 quando furono più di 16000 esecuzioni. In base a una legge adottata il 10 giugno 1794 chi era accusato di essere nemico del popolo presso il Tribunale Rivoluzionario poteva essere solo assolto o condannato a morte.
Art. 6 sono considerati nemici del popolo quelli che avranno provocato il ristabilimento della monarchia , o cercato di esautorare o dissolvere il governo rivoluzionario e repubblicano ,o stabilito degli accordi con i nemici della repubblica …
Art. 7. La penna per tutti i delitti di competenza del Tribunale rivoluzionario è la morte.
Per la vittoria completa della rivoluzione occorreva anche che i princìpi rivoluzionari penetrassero profondamente nella società e nella cultura nazionale. A tale scopo fu introdotto il sistema metrico decimale al posto delle vecchie unità di misura e fu varato un nuovo calendario repubblicano scristianizzato volendosi eliminare ogni influenza della chiesa. Nel autunno di1793 l’esercito francese che grazie alla leva di massa contava quasi un milione di uomini. La guerra di difesa si trasformò in guerra di conquista. Questi successi accrebbero ancora la forza e il prestigio del Comitato che esercitava ormai una vera e propria dittatura. Data la perdita del suo leader, Marat, il Comitato viene guidato di Saint-Just e soprattutto da Roberspierre, soprannominato l’incorruttibile, per la sua fedeltà ai principi rivoluzionari. Dopo l’esecuzione del capo della ‘’sinistra ‘’ e degli ‘’indulgenti ‘’ la simpatia del popolo per Roberspierre alienò ,molti cominciarono a temere di non fare lo stesso fine. Il 27 luglio 1794 Roberspierre viene arrestato per rispondere a dell’accusa di ambizione e dispotismo; il 28 luglio viene ghigliottinato. Abolito il Tribunale rivoluzionario e poi ricondotti alla Convenzione gran parte dei poteri del Comitato il periodo rivoluzionario ebbe fine a si diffuse tra i francesi il desiderio di tornare alla normalità.
L'alcol - Tema
L'alcol è uno dei principali fattori di rischio per la salute e il benessere degli individui. E' una sostanza tossica, potenzialmente cancerogena e, come le sostanze illegali, può indurre dipendenza. I giovani, le donne e gli anziani sono in genere più vulnerabili agli effetti delle bevande alcoliche dell'uomo adulto. Non esistono quantità sicure di alcol. La regola dell'Organizzazione Mondiale della Sanità a tale proposito è: meno è meglio!L'alcol è uno dei principali fattori di rischio per la guida, può esporre a forti rischi di incidente stradale anche in conseguenza di un singolo ed occasionale episodio di consumo. Già a undici anni si beve. Bere per bere: a qualunque ora e senza limiti. Un po’ come apparire in televisione, dà un gusto diverso alla vita. L’Italia ha il record, negli altri paesi s’inizia a tredici anni. Si beve in modo smodato poiché l’alcol è usato per sballare. Per i teenager ubriacarsi è una moda, è motivo di vanto. I ragazzini si vantano di aver preso sbornie incredibili. Si comincia con gli happy hour, si continua con birra, superalcolici, e beverone, nel quale si mette di tutto per dare il colpo finale. La legge vieta di somministrare alcolici al disotto di sedici anni, ma i ragazzi, aggirano i divieti portandosi le bottiglie da casa, o comprandole nei supermercati. I dati parlano chiaro è una vera emergenza. Non sembrano appuntamenti divertenti; piuttosto si respira una grande tristezza. Sembra che l’obiettivo principale sia quello di sparire; di non esserci. Non c’è il gusto del bere, ma piuttosto sembrerebbe un mezzo per socializzare; non più una trasgressione, ma un terribile conformismo, una parola d’ordine. L’alcol sembra aver sostituito i divertimenti, i desideri e gli entusiasmi di alcuni giovani. Sembrerebbe che per questi ragazzi non ci siano passioni, allegrie, progetti. Sembrano travolti dalla noia, anche quelli super impegnati, dai propri genitori, non sembrano essere né entusiasti né disinvolti, anche loro cercano una forza nell’alcol, e un senso. Forse cercano una strada, un’identità. Molti di loro sono convinti di gestire il problema, e l’idea della dipendenza non li sfiora. Sono terrorizzati di non far parte del gruppo, di essere considerati sfigati, e bevono anche senza averne voglia. L’abuso di alcol tra i minori è una piaga sociale, la dipendenza da alcol, molto sottovalutata, ha costi sociali enormi, per le patologie legate al fegato, e quelle psichiche. L’aspetto inquietante è che l’alcol diviene l’inizio della dipendenza e l’apertura al mondo della droga. Perdere il controllo, essere lontano dai pensieri, sembra essere l’obiettivo di preadolescenti e adolescenti. Si sentono soli e fragili, senza mete, a volte con nulla da desiderare perché hanno tutto; sono stati preceduti anche nei desideri, ma tutto ciò non li ha resi né più felici, né più forti ma solo più deboli, paurosi, e senza grandi iniziative. Sarebbe importante chiedere agli adulti una maggiore coerenza: rispetto alle leggi, alle pubblicità, agli esempi in generale.
I problemi dell’Italia Unita
All’indomani dell’unificazione il nuovo stato si trovò impreparato e incapace a affrontare gli innumerevoli problemi di un territorio dodici volte più grande del Piemonte. Il Regno d’Italia presentava squilibri enormi. Le leggi piemontesi che furono estese a tutto il territorio, erano lontane e spesso incomprensibili per molti cittadini della nuova Italia. Gli abitanti nel 1861 erano 21.000.000 di cui 16.800.000 analfabeti; c’erano otto monete diverse; sistemi legislativi, lingue e dialetti diversi.
Tanti secoli di dominazione straniera, la difficoltà di viaggiare velocemente, la mancanza di mezzi di comunicazione per diffondere le notizie avevano fatto sì che gli abitanti della penisola avessero mentalità e abitudini completamente diverse. La lingua italiana era conosciuta solo da quei pochi che l’avevano potuta studiare sui libri. L’Italia quindi era politicamente unita ma in realtà gli italiani delle varie regioni non avevano ancora capito di far parte di un unico stato.
L’aristocrazia, invece di preoccuparsi della soluzione dei problemi riguardanti i grandi appezzamenti di terra, viveva in ville sontuose occupandosi soltanto della propria vita, concedendosi feste e lussi. Il denaro, che avrebbe potuto servire per migliorare la produzione delle terre, veniva da loro speso per vivere più che agiatamente. La terra, soprattutto al Sud, era trascurata e si preferiva la pastorizia all’agricoltura proprio perché la prima costava meno e permetteva di lasciare incolta la maggior parte dei terreni che avrebbero potuto dar lavoro a migliaia di contadini e da vivere dignitosamente alle loro famiglie.
I contadini poveri del Sud avevano sostenuto l’impresa di Garibaldi perché speravano di migliorare le loro condizioni di vita attraverso la realizzazione di una riforma agraria che distribuisse ai più poveri le terre, spesso lasciate incolte e possedute dai grandi proprietari.
In realtà, anche dopo l’unità, non cambiò nulla nelle campagne meridionali: la gran riforma agraria e la distribuzione delle terre non erano nei programmi del nuovo Stato.
Ad aumentare il malcontento, delle popolazioni, specialmente nelle regioni meridionali, contribuì anche l’introduzione dell’obbligo di fare il servizio militare per un certo periodo. Al tempo dei Borboni, nel Regno delle due Sicilie il servizio militare non era obbligatorio; nel Regno d’Italia durava invece cinque anni.
La partenza dei giovani arrecava notevoli danni alle famiglie perché le privava per molto tempo del loro aiuto nel lavoro dei campi.
Il nuovo Regno d’Italia si trovava in condizioni economiche difficili. Il deficit dello Stato era grandissimo perché non solo il Piemonte si era fortemente indebitato per fare la guerra del 1859, ma dopo l’unificazione lo Stato italiano dovette assumere come propri i debiti di quegli Stati che aveva assorbito. Né si potevano ridurre le spese, perché bisognava creare strade e scuole, fare bonifiche e canali d’irrigazione, costruire la rete ferroviaria e quella stradale.
Per riportare il bilancio in pareggio, cioè per fare in modo che spese e ricavi si pareggiassero, furono imposte pesanti tasse. La più odiata dal popolo fu là tassa sul macinato: si doveva pagare allo stato una tassa per ogni chilo di frumento portato a macinare ai mulini. Questa tassa rendeva più cari il pane e la pasta e quindi cadeva tutta sulle spalle del popolo perché il pane e la pasta erano gli unici cibi quotidiani della povera gente.
Di fronte a condizioni di vita disperate molti contadini del Sud, cominciarono a rimpiangere il governo borbonico, si ribellarono, si organizzarono in bande, si nascosero sulle montagne e nei boschi e diventarono briganti: aggredivano di sorpresa villaggi e viaggiatori rubando, saccheggiando e uccidendo. A loro si unirono ex garibaldini ed ex soldati borbonici i cui eserciti erano stati disciolti. Sia i Borboni sia il Papa aiutarono in un primo tempo queste bande, sperando di abbattere il Nuovo Regno d’Italia e di riprendere i loro antichi territori. Tra il 1861 e il 1865 furono individuate ben 388 bande, ma forse erano anche di più. Il brigantaggio era il segnale di una rivolta popolare e costituiva il segnale di un malessere profondo che coinvolgeva l’intero Sud. Per risolvere questa situazione sarebbe stata necessaria un serie di riforme che migliorassero le condizioni di vita delle masse di contadini del mezzogiorno. Ma la soluzione scelta fu diversa. Il governo italiano, invece di cercare di migliorare le condizioni di vita che avevano spinto molte persone a diventare briganti, inviò nel sud, a combattere contro di loro, un esercito di 120.000 soldati, occupò militarmente le regioni meridionali e represse la guerriglia con un grande spargimento di sangue. I morti fra i briganti ed i soldati furono moltissimi. Alla fine del 1864 il brigantaggio era stato in parte eliminato ma non era stato risolto il problema fondamentale che lo aveva scatenato: la miseria dei contadini meridionali.
In quasi tutte le regioni d’Italia l’analfabetismo era molto diffuso specialmente nel sud dove i bambini dovevano cominciare a lavorare molto presto. Soltanto nel Piemonte, nella Lombardia e nel Veneto dove il governo austriaco aveva reso gratuita l’istruzione dai sei ai 13 anni, la situazione era migliore. Per cercare di risolvere il problema dell’analfabetismo, il Regno d’Italia adottò le leggi piemontesi sulla scuola pubblica. Queste leggi affidavano ai comuni la spesa per la costruzione e la gestione degli istituti scolastici. Ma in molte zone, soprattutto nel Sud, la mancanza di soldi impedì ai comuni di costruire scuole. Per cercare di risolvere il grave problema dell’analfabetismo furono approvate varie leggi. In una di oltre 100 anni fa si affermava che i ragazzi dovevano andare a scuola per almeno due anni. Ma non bastavano le leggi: la mancanza di aule e maestri era talmente grave che solo molti anni dopo l’unità le cose cominciarono a migliorare. Alla mancanza di aule e maestri, specialmente nell’Italia meridionale, si aggiungeva un altro problema. I genitori stessi non volevano che i loro figli andassero a scuola perché dovevano essere di aiuto nel lavoro dei campi oppure servire come garzoni nelle miniere di zolfo. I “carusi” erano appunto ragazzi dagli otto ai quindici anni addetti a trasportare a spalla pesanti carichi di zolfo dal fondo delle miniere alla superficie attraverso strettissimi condotti. Si riconoscevano a prima vista: spalle curve, gambe storte, occhiaie profonde, rughe precoci.
Altro grosso problema era costituito dalla gravissima situazione igienico- sanitaria; occorreva lottare contro le epidemie di tifo e di colera che ogni tanto scoppiavano causate dalla mancanza di acqua potabile e di fognature efficienti. Altre due gravi malattie dovevano essere affrontate la malaria e la pellagra, quest’ultima dovuta all’alimentazione, limitata quasi alla sola polenta, da contadini settentrionali.
Tanti secoli di dominazione straniera, la difficoltà di viaggiare velocemente, la mancanza di mezzi di comunicazione per diffondere le notizie avevano fatto sì che gli abitanti della penisola avessero mentalità e abitudini completamente diverse. La lingua italiana era conosciuta solo da quei pochi che l’avevano potuta studiare sui libri. L’Italia quindi era politicamente unita ma in realtà gli italiani delle varie regioni non avevano ancora capito di far parte di un unico stato.
L’aristocrazia, invece di preoccuparsi della soluzione dei problemi riguardanti i grandi appezzamenti di terra, viveva in ville sontuose occupandosi soltanto della propria vita, concedendosi feste e lussi. Il denaro, che avrebbe potuto servire per migliorare la produzione delle terre, veniva da loro speso per vivere più che agiatamente. La terra, soprattutto al Sud, era trascurata e si preferiva la pastorizia all’agricoltura proprio perché la prima costava meno e permetteva di lasciare incolta la maggior parte dei terreni che avrebbero potuto dar lavoro a migliaia di contadini e da vivere dignitosamente alle loro famiglie.
I contadini poveri del Sud avevano sostenuto l’impresa di Garibaldi perché speravano di migliorare le loro condizioni di vita attraverso la realizzazione di una riforma agraria che distribuisse ai più poveri le terre, spesso lasciate incolte e possedute dai grandi proprietari.
In realtà, anche dopo l’unità, non cambiò nulla nelle campagne meridionali: la gran riforma agraria e la distribuzione delle terre non erano nei programmi del nuovo Stato.
Ad aumentare il malcontento, delle popolazioni, specialmente nelle regioni meridionali, contribuì anche l’introduzione dell’obbligo di fare il servizio militare per un certo periodo. Al tempo dei Borboni, nel Regno delle due Sicilie il servizio militare non era obbligatorio; nel Regno d’Italia durava invece cinque anni.
La partenza dei giovani arrecava notevoli danni alle famiglie perché le privava per molto tempo del loro aiuto nel lavoro dei campi.
I PROBLEMI ECONOMICI
Il nuovo Regno d’Italia si trovava in condizioni economiche difficili. Il deficit dello Stato era grandissimo perché non solo il Piemonte si era fortemente indebitato per fare la guerra del 1859, ma dopo l’unificazione lo Stato italiano dovette assumere come propri i debiti di quegli Stati che aveva assorbito. Né si potevano ridurre le spese, perché bisognava creare strade e scuole, fare bonifiche e canali d’irrigazione, costruire la rete ferroviaria e quella stradale.
Per riportare il bilancio in pareggio, cioè per fare in modo che spese e ricavi si pareggiassero, furono imposte pesanti tasse. La più odiata dal popolo fu là tassa sul macinato: si doveva pagare allo stato una tassa per ogni chilo di frumento portato a macinare ai mulini. Questa tassa rendeva più cari il pane e la pasta e quindi cadeva tutta sulle spalle del popolo perché il pane e la pasta erano gli unici cibi quotidiani della povera gente.
IL BRIGANTAGGIO
Di fronte a condizioni di vita disperate molti contadini del Sud, cominciarono a rimpiangere il governo borbonico, si ribellarono, si organizzarono in bande, si nascosero sulle montagne e nei boschi e diventarono briganti: aggredivano di sorpresa villaggi e viaggiatori rubando, saccheggiando e uccidendo. A loro si unirono ex garibaldini ed ex soldati borbonici i cui eserciti erano stati disciolti. Sia i Borboni sia il Papa aiutarono in un primo tempo queste bande, sperando di abbattere il Nuovo Regno d’Italia e di riprendere i loro antichi territori. Tra il 1861 e il 1865 furono individuate ben 388 bande, ma forse erano anche di più. Il brigantaggio era il segnale di una rivolta popolare e costituiva il segnale di un malessere profondo che coinvolgeva l’intero Sud. Per risolvere questa situazione sarebbe stata necessaria un serie di riforme che migliorassero le condizioni di vita delle masse di contadini del mezzogiorno. Ma la soluzione scelta fu diversa. Il governo italiano, invece di cercare di migliorare le condizioni di vita che avevano spinto molte persone a diventare briganti, inviò nel sud, a combattere contro di loro, un esercito di 120.000 soldati, occupò militarmente le regioni meridionali e represse la guerriglia con un grande spargimento di sangue. I morti fra i briganti ed i soldati furono moltissimi. Alla fine del 1864 il brigantaggio era stato in parte eliminato ma non era stato risolto il problema fondamentale che lo aveva scatenato: la miseria dei contadini meridionali.
IL PROBLEMA DELL’ANALFABETISMO E LA SCUOLA
In quasi tutte le regioni d’Italia l’analfabetismo era molto diffuso specialmente nel sud dove i bambini dovevano cominciare a lavorare molto presto. Soltanto nel Piemonte, nella Lombardia e nel Veneto dove il governo austriaco aveva reso gratuita l’istruzione dai sei ai 13 anni, la situazione era migliore. Per cercare di risolvere il problema dell’analfabetismo, il Regno d’Italia adottò le leggi piemontesi sulla scuola pubblica. Queste leggi affidavano ai comuni la spesa per la costruzione e la gestione degli istituti scolastici. Ma in molte zone, soprattutto nel Sud, la mancanza di soldi impedì ai comuni di costruire scuole. Per cercare di risolvere il grave problema dell’analfabetismo furono approvate varie leggi. In una di oltre 100 anni fa si affermava che i ragazzi dovevano andare a scuola per almeno due anni. Ma non bastavano le leggi: la mancanza di aule e maestri era talmente grave che solo molti anni dopo l’unità le cose cominciarono a migliorare. Alla mancanza di aule e maestri, specialmente nell’Italia meridionale, si aggiungeva un altro problema. I genitori stessi non volevano che i loro figli andassero a scuola perché dovevano essere di aiuto nel lavoro dei campi oppure servire come garzoni nelle miniere di zolfo. I “carusi” erano appunto ragazzi dagli otto ai quindici anni addetti a trasportare a spalla pesanti carichi di zolfo dal fondo delle miniere alla superficie attraverso strettissimi condotti. Si riconoscevano a prima vista: spalle curve, gambe storte, occhiaie profonde, rughe precoci.
LA SITUAZIONE IGIENICO-SANITARIA
Altro grosso problema era costituito dalla gravissima situazione igienico- sanitaria; occorreva lottare contro le epidemie di tifo e di colera che ogni tanto scoppiavano causate dalla mancanza di acqua potabile e di fognature efficienti. Altre due gravi malattie dovevano essere affrontate la malaria e la pellagra, quest’ultima dovuta all’alimentazione, limitata quasi alla sola polenta, da contadini settentrionali.
L’EMIGRAZIONE
L’emigrazione, cioè l’abbandonare il proprio paese per cercare lavoro all’estero, fu uno dei fenomeni più dolorosi dell’Italia post- unitaria. Verso il 1876, gli Italiani che emigravano in cerca di lavoro e di migliori condizioni di vita erano ogni anno circa 100.000 mila in prevalenza settentrionali. Andavano soprattutto in Francia e in altri Stati europei; di solito tornavano in Italia dopo aver messo da parte un po’ di soldi. In seguito invece furono soprattutto contadini e braccianti meridionali a emigrare: in un primo tempo verso l’America meridionale e poi negli Stati Uniti: questa era un’emigrazione che non prevedeva il ritorno. Le società di navigazione che ricavavano molti soldi dal trasporto degli emigranti davano pubblicità alle necessità di manodopera all’estero e alle paghe alte. Molti partivano per trovare lavoro nei nuovi paesi ma trovavano molto spesso miserie come nei loro paesi. Gli emigrati inviavano i loro risparmi alle famiglie rimaste in Italia e i soldi inviati erano utilizzati per migliorare le abitazioni, per rendere più produttiva la terra, per far studiare i giovani e per pagare i debiti.
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